I fratelli Don Luciano e Don Dino Colussi
Don Dino Colussi di Casarsa, classe 1929, Colussi dei Gioachìns per distinguerlo dalle altre famiglie, era l’ultimo di tredici fratelli, di cui sei religiosi, cinque missionari e una suora, tutti in India. Don Dino era arrivato in India, a Bombay, nel 1948, con una delle prime navi dopo la guerra. Aveva fatto il liceo in un seminario salesiano in Piemonte. In India proseguì i suoi studi di teologia e intanto imparò l’inglese e almeno un paio di lingue locali. Ultimamente veniva spesso in Italia perché manteneva i contatti con i superiori degli istituti salesiani a Roma e a Torino. Ha lavorato a stretto contatto con padre Aurelio Maschio e con madre Teresa ed era amico della madre di Sonia Gandhi, proveniente da Lusiana, Vicenza. All’età di 69 anni don Dino è dovuto rientrare in Italia e farsi operare all’anca dal professor Sgarbi nell’ospedale di San Vito. Ha avuto qualche ricaduta e qualche infiammazione e doveva portare il bastone. Ma cercava di farne a meno, ci scherzava, e lo dimenticava spesso da qualche parte. Sino ai 45 anni giocava ancora a calcio nel ruolo di centromediano ed è sempre stato un accanito sostenitore dell’Udinese calcio: nel suo ufficio della Don Bosco Technical School di Ohkla Road, a Delhi, dieci anni fa giganteggiava un poster dell’Udinese con Oliver Bierhoff bene in vista. Poi l’Udinese di Di Natale e la nazionale italiana campione del mondo nel 2006. Missionario modello con il senso dell’organizzazione, conosceva il mondo indiano e la letteratura inglese, leggeva molto, organizzava scuole di tutti i tipi insieme con suo fratello don Guido, specialmente di carattere professionale, per aiutare i giovani secondo lo spirito di Don Bosco. Aveva organizzato una azienda agricola ecologica e una fabbrica per l’inscatolamento della carne e delle verdure nel West Bengal. Duecento ragazze lavoravano nella sua fabbrica. Ha costruito case per le ragazze di Calcutta che si trovavano in difficoltà e manteneva relazioni amichevoli con industriali e commercianti indiani. Gli ultimi anni si interessava a un altro dei suoi progetti: le mille casette, case semplici per i più poveri. Don Dino, come don Guido, aveva la mentalità e il senso di iniziativa della gente di Casarsa e del Nord-Est in generale. L’altro fratello, don Luciano, era simile, ma alquanto differente: molto colto, conosceva la musica indiana con competenza e faceva nella sua diocesi tutto quello che doveva fare il suo vescovo. I missionari casarsesi e don Dino in particolare non hanno avuto tentennamenti di sorta nella loro chiamata e si sono dedicati al bene materiale e spirituale delle genti in terra di missione con mentalità anche imprenditoriale. Don Dino ha portato in India il suo temperamento e la sua mentalità di uomo attivo come i contadini piccoli proprietari del Nord-Est che sono diventati artigiani e industriali, che hanno avuto fiducia nella vita. Una signora di San Vito, una delle tante donne che lo avevano aiutato e che lo conoscevano bene, alla notizia della sua scomparsa mi ha fatto questo commento: «Oggi si fa festa in Paradiso».
surce: Messaggero Veneto